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DI NAVIGAZIONE |
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![]() Editoriale del numero 610
ELEZIONI: ISTRUZIONI PER L'USOCon l'Agenda Nautica
Anno nuovo tempo di agende. Sotto elezioni poi vanno di moda quelle politiche, fra le quali spicca quella del premier Monti
(cui spetta il copyright), ma non è la sola. Gli elettori, cui finalmente torna la parola, sarebbe bene ci dessero un'occhiata.
Fra loro anzi fra noi ci sono infatti un piccolo esercito di diportisti, sparpagliati fra diverse federazioni sportive, che con i
risparmi di una vita, la liquidazione, la pensione o la vendita dei Bot si sono comprati la barchetta di famiglia (le imbarcazioni sopra
i 12 metri sono infatti appena 23.000 in tutto). Si tratta di circa un 1.000.000 di appassionati del mare, della navigazione, della vela,
dello sci d'acqua, della pesca sportiva, dello snorkeling. Non pochi se consideriamo che i tesserati del pallone fanno 1.400.000. Ci sono,
soprattutto, 100.000 famiglie che vivono grazie all'industria nautica (produzione e importazione di scafi, accessori, strumentazione e motori),
più tutte quelle che traggono sostentamento dalla filiera portuale e turistica, dal commercio al dettaglio fino all'editoria specializzata,
passando per l'abbigliamento tecnico e l'organizzazione di fiere ed eventi specialistici, che probabilmente sono altrettante. Parliamo
complessivamente di un settore che è stato fra i più vitali della nostra economia, che nel primo decennio del nuovo secolo
ha avuto una crescita costante a due cifre, garantendo rilevanti introiti per le casse dello Stato e creando quasi 60.000 nuovi posti di lavoro.
Oggi due terzi di questi si sono sciolti come neve al sole sotto il peso dello Stato della burocrazia, della persecuzione fiscale, della mancanza
di chiarezza sulle concessioni degli approdi, di sette corpi di polizia che non sapendosi coordinare passano il tempo a fermare più volte al
giorno il diportista in vacanza molto più che della congiuntura economica. Letteralmente spappolati dal qualunquismo ideologico, quello
alla "Anche i ricchi piangano", il più deficiente degli slogan che aveva nell'immagine della barca la rappresentazione del concetto.
Parliamo di quel manifesto della scorsa campagna elettorale, tuttora patrimonio di una certa cultura estremista e ben radicata nel Paese, che
deficita appunto di ogni conoscenza del valore economico del settore di cui siamo leader mondiali, ma soprattutto disconosce la medesima
dignità a un lavoratore della nautica rispetto a un qualunque altro metalmeccanico. Operai invece niente affatto diversi da quelli dell'Alcoa,
dell'Ilva o della Fiat, se non per il fatto di essere molti di più. Basti dire che i posti persi nel segmento della costruzione di unità
da diporto nel solo biennio 2011-2012 valgono come due acciaierie di Taranto. Eppure deficientemente di loro nessuno parla. Quelli brevemente
ricordati ci sembrano tutti motivi più che sufficienti per stilare l'Agenda Nautica, quella che chiediamo di sottoscrivere al Governo che verrà
e prima ancora a ogni candidato e a ogni movimento politico che chiede di entrare in Parlamento. A prescindere dal colore politico. Luca Sonnino Sorisio Questo testo, se non si riferisce al numero di Nautica correntemente in edicola, viene pubblicato esclusivamente a fini storici e le opinioni espresse potrebbero non coincidere più con quelle della Direzione e/o della Redazione di Nautica Editrice Srl
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